
Sinossi
La vita quotidiana al campo attrezzato di via di Salone, in cui l’amministrazione di Roma ha raggruppato quasi 1000 cittadini rom. Fuori dal raccordo anulare, lontano da tutto e da tutti.
Giuseppe si alza ogni mattina e va in giro col furgone a cercare il ferro. Remi è un meccanico senza officina: aspetta che qualcuno gli porti una macchina da aggiustare.
Miriana aspetta, invece, che nascano le sue due gemelle. Brenda vorrebbe un lavoro ma è senza documenti: è nata in Italia, ma non ha la nazionalità. Neppure quella del suo paese di origine, il Montenegro, che l’ha “scancellata”, come dice lei.
Sasha, Diego, Marta, Cruis vanno a scuola ogni mattina, ma non arrivano mai in tempo: il campo dove vivono è a chilometri di distanza, il pulmino fa ritardo e rimane spesso imbottigliato nel traffico.
L’autore
Quando si pensa al popolo Rom prevalgono due modi di immaginare la loro cultura.
Una è quella Romantica: nomadi e anarchici che viaggiano per l’Europa cantando antiche canzoni e incrociando parenti gitani per la penisola iberica o in villaggi Balcanici alla “Kusturica”. L’altra è quella negativa: ladri, nullafacenti, parassiti, ruba-bambini, mendicanti, violenti…
La storia che abbiamo voluto raccontare parte dalle persone comuni e affronta diversi aspetti della questione: mira a scardinare i pregiudizi, cerca di mostrare cosa significhi vivere quotidianamente nei campi attrezzati, evidenzia le controversie, riflette sul meccanismo che da anni forza i Rom a porsi in situazioni di conflitto con gli altri cittadini.
Stefano Liberti e Enrico Parenti
Una integrazione che per prima manca alle persone che non hanno voglia di ascoltare chi vive in condizioni sociali marginali e precarie, eppure trova una forma di condivisione, mentre i/le più agiat* si chiudono sempre più nei loro averi che li rendono pover* di conoscenze